Contact Improvisation

La mia esperienza nell’ambito della Contact Improvisation

Sono passati più di trenta tre anni dal primo incontro con la Contact Improvisation, avvenuto a Firenze al teatro Affratellamento con Laurie Booth, insegnante e ballerino della new dance Inglese.

Devo dire che è stato proprio quel primo incontro a cambiare parte della mia vita, nel senso che stavo cercando qualcosa tra la danza e il teatro e questa piccola esperienza mi ha fatto passare più dalla parte della danza, ero prevenuta e forse impaurita dal mondo accademico della danza moderna e contemporanea in Italia , la Contact mi ha permesso di intravedere un altro e possibile cammino, percepire che dietro e dentro il mondo della danza non ci fossero soltanto passi e sequenze ma anche un mondo di emozioni, e concezioni legate alla messa in discussione di quello che comunemente chiamiamo corpo danzante ! mi sono resa conto che dietro questo nuovo modo di muoversi c’erano molte battaglie raggiunte e tante altre da conseguire, non è passato molto tempo per sentirmi parte di questa nuova famiglia, anche io stavo mettendo in discussione tanti valori, era l’inizio degli anni ottanta e la mia generazione cercava sempre nuovi linguaggi sia di comunicazione tra le persone che in senso artistico, inoltre al livello personale venendo da una famiglia con dei grossi tabù dal punto di vista del contatto fisico, per me è stata una esperienza molto utile e coinvolgente.

Quando poi decisi di studiare danza in senso professionale sono stata ad Amsterdam alla scuola che ora si chiama: “SNDO” e in questo contesto ho potuto incontrare i grandi maestri da Steve Paxton a Nancy Stark Smith, Alito Alessi, Simone Forti, Kirsty Simson e tanti altri, con la loro voglia di esplorare tanti argomenti paralleli alla danza dalle neuroscienze al movimento puro , alle sperimentazioni della performance, all’ascolto del proprio corpo e a tutte quelle tecniche che in quegli anni cominciavano a farsi conoscere , come il movimento autentico , il body mind centering ,la tecnica Alexander.

Quando poi sono tornata in Italia dopo diversi anni che ho vissuto nel nord Europa e Stati Uniti, ho incominciato a usare la mia esperienza di contact sia per creare delle coreografie che come parte del mio insegnamento.

 La mia esperienza di insegnamento mi ha portato ad avvicinarmi a tante persone diverse dai danzatori professionisti ai non professionisti, ai bambini e disabili.

Ovviamente non è stato sempre facile, molte persone hanno delle vere difficoltà a relazionarsi con il mondo dell’improvvisazione, e anche quello della vicinanza fisica oltre a essere una difficoltà culturale è anche un problema molto diffuso.

In alcune fasi della mia vita ho avuto più facilità a comunicare lo spirito della danza contact alle persone che potevo raggiungere, in altri momenti mi sono sentita incapace di insegnare a persone senza un back ground di danza , infatti ho fatto un ulteriore formazione con il metodo Feldenkrais e devo dire che questo approccio mi ha aiutato a non dare più per scontato certi movimenti che per i danzatori sono molto semplici e ovvi , e mi ha permesso di portare le persone in territori che a volte loro stessi ritengono impossibili.

Momenti belli sono stati anche quando ho potuto condividere con altri artisti, musicisti e danzatori, dei seminari e jam che mi hanno dato prima di tutto molta gioia e grandi soddisfazioni dal punto di vista creativo.

Ho collaborato per la realizzazione e la partecipazione di stage e jam negli ultimi venticinque anni con : Charlotte Zerbey, Piero Leccese, Simonetta Alessandri, Rossella Fiumi, Andrea De Crescenzo, Adalisa Menghini.

Ultimamente sto cercando di portare la danza a contatto sempre più vicina all’esperienza del sentire seguendo l’approccio del movimento autentico combinato con elementi del metodo Feldenkrais e del tai chi Quan.

Leggi l’intervista a Steve Paxton

Intervista: Steve Paxton, Folkert Bents (Thoughts on Contact Improvisation)

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